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Marco Gabrielli Nello scritto viene esposto - da un punto di vista piuttosto “ortodosso”- lo sviluppo che la volontà di potenza ha, in esplicito e implicitamente, per tutto il corso del pensiero nietzscheano, cercando - e questo diciamo “ereticamente” - di darne una visione sistematica. Infatti, partendo dall'analisi del concetto di volontà di potenza e delle sue caratteristiche, l'autore passa ad un breve confronto con la Volontà di vivere schopenhaueriana e, soffermandosi sui risvolti nichilistici di tale pensiero, stabilisce un ponte col suo sostrato necessario: la religione cristiana. Da ciò ne conseguono tutti quei portati che danno la fama alla filosofia di Nietzsche (la morte di Dio, il superuomo, l'eterno ritorno) sul quale vengono innestate, da parte dell'autore, alcune fondamentali integrazioni, designate coi nomi di memoria organica e di volontà di potenza idealistica. Come punto d'appoggio e fulcro basilare di tutta l'argomentazione si utilizza il pensiero sul corpo, declinandolo e contemplandolo da quelle prospettive in cui acquista senso in relazione alla vita. Il taglio dello scritto è decisamente anti-accademico. L'incipit è del resto chiaro: “Non la presunzione mi spinge a comporre questo scritto, né la cieca fede verso l' “auctoritas” nietzscheana, ma una cinica visione della realtà. Per “cinica” intendo “ spregiudicata ”, vale a dire “imparziale”, senza scrupolo alcuno. E perché mai dovrei farmi degli scrupoli proprio allorché io discetto sulla sorgente della vita e sul senso dell'esistenza? Il mondo in cui vivo mette delle volte ingiustificatamente da un canto riguardi e timori verso decorose consuetudini; perciò sia concessa anche a me la possibilità di farlo, mancando di tatto verso qualche usanza e procedendo, appunto, cinicamente.”
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