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Gianni Trinca E quando si sedette al proprio tavolo, le parole che prese a trascrivere gli sussurrarono altro altrove, lontano da casa sua, lontano dalle sue preghiere, lontano dai suoi errori e da macerie distinguibili di sé. Quando si sedette divagò con calma e bisbigliò Lisbona, tempo, affezione, percependo l’eco dolce e lenta che le sillabe lasciavano intendere; scorrendo con le dita le figure da bordo pagina di cui percepiva l’esistenza: oltre la strada, oltre il cortile, oltre l’universo circoscritto alla sua pigrizia, indovinandone il profilo sdrucciolevole e credendolo vero per potersi dire tale, come degno di concepire ovunque e chiaramente il senso che pensava il suo essere come uomo, travestito tuttavia di rime; travestito da sonnambulo come spirito e suggestione. |
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