Patrizia Sgura

IL CANTO DELLA FENICE

Non esistono prove storiche dell’esistenza della Fenice, splendido animale dalle sembianze di uccello; le uniche testimonianze della sua esistenza ci giungono dalle scritture degli antichi e dai canti dei poeti che ci hanno tramandato descrizioni tra loro differenti.
Alcune testimonianze scritte la descrivono come un fagiano dorato, mentre la Bibbia ne parla come di un pavone.
Per gli antichi egizi aveva le fattezze di un airone cinereo.
L’airone sorgeva solitario dopo la periodica inondazione del Nilo che fecondava e portava nutrimento nelle terre circostanti: si posava sopra il salice sacro di Heliopolis e questo era considerato evento di buon auspicio e speranza.
Si pensava che la Fenice annunciasse un nuovo periodo di ricchezza e fertilità. Era considerata la manifestazione di Osiride e per questo era spesso raffigurata appollaiata sul Salice, albero consacrato ad Osiride.
La Fenice godeva di lunga vita, fino a 500 anni o più, a seconda delle varie credenze.
Arrivata al termine della sua vita, costruiva il suo giaciglio di morte con ramoscelli di mirto, incenso, sandalo e altre erbe e radici aromatiche, vi si adagiava sopra e lasciava che i raggi del sole bruciassero il suo nido, finchè le fiamme non l’avvolgevano completamente. Tra i profumi dei vari aromi era solita cantare una melodia di straordinaria bellezza e infine moriva per poi rinascere dalle sue stesse ceneri, più forte di prima.
In Cina la Fenice, è chiamata Uccello di Fuoco: si narra che sorvolasse le terre sottostanti, osservando con occhi acuti tutto il paesaggio che la circondava, memorizzando le varie sensazioni che l’ambiente le trasmetteva; per questa sua caratteristica rappresenta anche la nostra capacità visiva.
Sempre in Cina la Fenice rientra nel gruppo dei quattro animali mitologici: la tigre o unicorno (per l’ovest), la tartaruga o il serpente (per il nord), il drago (per l’est) e la Fenice (per il sud).
In India la Fenice si chiama Garuda.
Possiede ali e becco d’ acquila e un corpo umano dorato.
In Giappone è chiamata Karura: è raffigurata come un’enorme aquila, dalle piume dorate, che sputa fuoco.
Nelle leggende ebraiche la Fenice è conosciuta col nome di Milcham.
Si narra che Eva, dopo aver mangiato il frutto proibito, divenne gelosa dell’immortalità e della purezza delle altre creature dell’Eden, tanto da convincere anche loro a trasgredire alle regole per far in modo che subissero la sua stessa sorte: essere cacciata dal Giardino dell’Eden.
Soltanto la Fenice non cedette alla tentazione e perciò Dio la ricompensò ponendola in una magnifica città fortificata nella quale avrebbe potuto vivere fino a 1000 anni.

Patrizia Sgura


Collana "Gli Emersi - Poesia "
pp.48 €12.00
ISBN 978-88-7680-252-2

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