Vittorio Rombolà

POLVERE GYTANA

Vittorio Rombolà si presenta come un gitano, e, in quanto tale, assume tra gli altri, il carattere di diversità e nomadismo che tale popolo porta con sé.
Ma, al di là delle fascinazioni storicamente correlate ai popoli zingari, prima di tutto l’idea di libertà, essere gitano oggi, vuol dire riconoscersi in un movimento di pensiero di più ampio respiro che si configura come un attacco impietoso nei confronti dell’opposizione tra corpo e mente. È facile comprendere perciò, come la coscienza nomade e, si potrebbe aggiungere apolide, rappresenti la rottura delle barriere dottrinali, affine a ciò che Foucault chiama contromemoria, “una forma di resistenza all’assimilazione o all’omologazione alle modalità dominanti di rappresentazione dell’io. Il tempo del nomade è l’imperfetto: è attivo, continuo. Il nomade non rimpiange patrie perdute. Antitesi del contadino, il nomade raccoglie, miete, scambia, ma non sfrutta.”
Allo stesso modo Rombolà racconta nella sua poesia il se stesso attraverso un continuo spostamento del campo di attenzione, in una molteplicità di voci, di riferimenti, di relazioni e situazioni che rappresentano il suo continuo mutamento e mutano in continuazione con lui.
Nel suo modo di affrontare l’esistenza, nella sua scelta di essere artista, nel suo vagabondaggio tra i teatri e le pagine, Rombolà riassume il senso più profondo di quel viaggiare leggero tanto caro agli inglesi.
Ma, contemporaneamente, nella sua vena ironica come in quella critica, nei suoi amori disperati o sbarazzini, nelle riflessioni sulla vita e sulla morte, nei delicati versi che si elevano verso un intangibile abisso, Rombolà dimostra, responsabilmente e con coscienza di voler rifiutare qualsiasi punto di riferimento al di fuori di sé.
Quel che emerge perciò dalla lettura, è un’emozione scissa in mille venature, un’idea dell’autore che non è mai uguale a se stessa, ma si va a comporre, come un puzzle, in un soggetto discontinuo eppur unico.
La poesia di Rombolà non si lascia prendere facilmente e, soprattutto, non si fa cogliere ad uno sguardo superficiale e complessivo: ogni poesia si pone come una realtà indipendente e a se stante, che spiazza.
Nel profondo senso di appartenenza ad un’umanità povera ma mai misera, nella ricerca di una relazione che scaldi più che il letto per una notte, questa poesia gitana gioca di ritmiche e reiterazioni, di versi metaforici e parabolici.
In realtà, è necessario porre l’attenzione sulla grande capacità di Rombolà di farsi cantore: la sua poesia si traspone attraverso un verso fluido e scorrevole raccontando un mondo di esperienze personali che però riescono ad assumere, nelle sue mani, un valore paradigmatico valido per tutti.
La densità della poesia di Rombolà rappresenta forse il pregio maggiore di queste pagine, una ricchezza e una linea di continuità che accarezza i cambiamenti e le versificazioni, nella profonda consapevolezza che la poesia non è soltanto la pagina nascosta dei nostri pensieri, ma la rappresentazione della verità per l’occhio di chi la guarda, un personalissimo e accogliente incontro tra la realtà e l’interpretazione, l’interfaccia simbolica tra volontà e desiderio.





Collana "Gli Emersi"
pp.64 €12.00
ISBN 88-7680-054-9

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