Scrivere la prefazione di un libro è di rado una cosa semplice, se poi essa è per lo scritto di un tuo amico l’impresa diventa ancora più ardua, ma essendo un amante delle sfere complicate mi son detto: piacere è una sfida.
La poesia in questo libro è un Déjà vu. Il passato influisce sul presente come una vena d’avorio incastonata nel bianco marmo... distinguibile solo all’occhio del più scaltro, di chi sa cosa cerca, di chi sa guardare oltre.
Un effimero canto delle nereidi per un navigatore incredulo alla ricerca della sua terra perduta. Un’attrazione erotica verso il senso, perché per capire non basta sentire, bisogna ascoltare.
L’espressione dell’anima in queste poesie è una sottrazione violenta ed aggressiva al mondo caduco che ci circonda, un’espressione fanciullesca ormai perduta da tempo, per chi, guardando sempre avanti si è dimenticato il valore della purezza.
Luigi Andrea Cimini è di sicuro una persona reale, totalmente assente dall’inganno che corrompe ogni campo. Una stesura scritta a mano non al computer, un bicchiere di latte appena munto, un tramonto sul mare, il sorriso di un bambino, questo è.
Per comprenderlo bisogna fermarsi un istante lungo un pensiero rincorso dieci anni fa, se non venti. Il tempo non è una condizione, è una persona, merita rispetto, attenzione... Se lo inganni o se lo trascuri non avrà pietà di te e prenderà in mano le carte. I rimorsi a poco servono.
A volte si impone alla testa di amare, ci si convince di ciò ed alla fine ci si autodistrugge, perché a volte è piacevole star male, è una convinzione propria, un diritto rubato, un segreto inconfessabile, una menzogna plateale dettata al cuore che invece sa già chi ha fatto entrare.
È una confessione inconscia che serve per tenersi aggrappati e non cadere nel limbo dei ricordi. Una persona che si assenta, all’improvviso, senza una spiegazione, senza aver guardato per un solo istante i tuoi occhi, trascurando l’oceano triste che vi sarebbe nato all’interno.
Chi sa amare non gode di egoismo, e a volte basta la nota di una canzone, un profumo, un silenzio per riaprire quella pagina bruciata ma leggibile di quel diario nascosto nei meandri dell’anima. Si dice che il tempo sia un gran dottore, questo rende vivibile parzialmente il silenzio, ma ciò che spaventa è l’eterno.
Una linfa adrenalinica sotto forma di un sorriso, uno sguardo malizioso, seducente, audace, che ti prende il cuore all’improvviso e te lo sbatte contro un muro di parole implorandolo di dargli un po’ di gioia o semplicemente di regalargli degli SPRAZZI DI BENE...
...buona lettura
dalla Prefazione di Roger Garth