"Ho sempre pensato che la poesia fosse un recipiente di frasi sontuose, un infuso squilibrato di parole ricevute direttamente dagli dei, col fine di usarci per mediare con l’uomo attraverso l’uomo. Ho sempre concepito il carme come un messaggio spirituale dissimulato nell’aria e che solo attraverso l’annullamento della coscienza si possa afferrare, gettarlo nel fuoco dello spirito, per poi assemblarlo sul foglio. Ma non sono l’unico ad avere questo pensiero, in effetti, già Socrate, nei dialoghi giovanili di Platone, cercava di spiegare che la poesia è frutto d’ispirazione divina. Questo stesso pensiero fu ripreso anche da Rimbaud, con la propria idea di poeta che si fa veggente attraverso un ragionato sregolamento di tutti i sensi. Forse la mia prima poesia (se così posso definirla) è nata proprio in questo modo, quando una sera in balia di rimorsi, cordogli ed affanni di vita, mi rinchiusi nella mia camera cercando delle risposte a tutto ciò che reputavo essere responsabile del “malessere umano”. Così presi una penna ed un foglio, attendendo una sorta di medianica ispirazione, e poi mi lasciai sopraffare come in una strana possessione. Miriadi di parole si susseguirono su quel foglio, parole spontanee, spirituali, piacevoli che, senza accorgermene, diedero corpo ad una poesia. Avevo diciassette anni e niente, fino a quel giorno, era stato così semplice e catartico come scrivere una poesia. Da lì a poco cominciai ad accumulare quegli scritti fino a racchiuderli in un unico contenitore al quale imposi il nome di “ricettacolo”, quel ricettacolo che, secondo il mio punto di vista, è lo spirito stesso dell’uomo."
L’Autore dalla Prefazione