È una felice raccolta poetica, molto attuale, per certi versi “ustionante” sui temi esistenziali della contemporaneità dove l’immediato, nebuloso presente sembra l’inizio di una catastrofe che in sordina minaccia di investire - ben più che la letteratura - i sentimenti “d’un amore forte, che s’infrange sull’ansia imprevista”.
Una poesia che afferra emozioni “pervade la coscienza/immersa nella materialità di un mondo avverso, di rose calpestate/naturalmente bello/incredibilmente/offuscato…” e non ha bisogno necessariamente d’una mediazione critica incombente che - nell’esegesi scritturale - a volte smarrisce il contatto con i testi.
Oggi la poesia sembra messa in discussione dalle forze oscure che minacciano la sopravvivenza dell’atto creativo a causa di un acuto senso di isolamento o alienazione dalla società. Eppure di poesia, della sua funzione e ricezione abbiamo bisogno “nel mondo imposto, accettato, rifiutato”. E quello della Falcone è un poetare colloquiale, comunitario, felice, capace di passioni profonde quale operato poetico psicologicamente forte, sano e corroborante, finalizzato a restituire una rigenerata sintesi di valori etici.
Ciò che soprattutto emerge da questa recente produzione di liriche d’amore è il paradosso stesso dell’esistenza, sempre trasposto e riformulato: “…si svelano illusioni drogate di morte/delusioni d’inganno feroce … e vivo/nel respiro cosmico/senza lamenti, senza gemiti/vivo” ove si coglie il mistero della vita e dell’ amore che è racchiuso in esso, in una umanità in cui è possibile ancora sperare.
Il suo particolare modo scritturale e fonetico di fare poesia non è riassumibile solo nell’impegno con il materiale linguistico ma, soprattutto, con le emozioni dell’innamoramento che si fa lingua poetica avvincente, commovente e viva; ad esempio, quando la scrittura si fa voce fluttuante che dev’essere udita e ascoltata, simile ad una partitura fonetica esperita con pulsioni saturnine dalla vocalità della stessa autrice: “…Amore mio! Solitario/rivesti la vita, l’esistenza collerica,/di personaggi obliqui, nerastri/sono parte di te, radici/ della tua anima inattesa ”.
La sua è una phonè di verità, una voce a sé ineccepibile del testo che consente all’ascoltatore di “leggere” il corporeo della poesia con un risultato da «teatro poetico». E accanto alla sua struggente oralità - nelle serate di poesia - spesso si inserisce la voce suadente dell’attore Paolo De Manincor, in un crescendo recitativo multisensoriale che evidenzia l’energia dei valori della scrittura : “…complici, sorrido ai tuoi sussurri/inebrianti racconti, snodano pensieri eccessivi/messa in scena, attori della vita/senza copione/moviamo passi capaci/registrando fantasie in atto…”.
La copiosa raccolta restituisce anche momenti di propulsivi esotismi, come in “Tajmahal”, dove gli amanti sono fissati nell’incanto dell’attimo “privato” e l’eros ha un proprio valore elevato alla potenza di ritualità e di arte; “…musiche ossessive, ripetute nell’atmosfera sacra/entrano nelle vene/accompagnano gesti parossistici/tra uomo, donna/ipnotici, fermano il tempo inebriato dal piacere…” Ecco allora che le forze primordiali della natura parlano in termini di edonistico humour erotico riscoprendone il senso palpitante.
Una poesia al femminile, rigenerata e reinventata che restituisce il senso musicale ed evocativo delle parole come centro di sentimenti e di pensieri irradiati: “…palpiti di luce/spalancati nel sogno/uniti scopriamo gioie possibili…”
Il suo è soprattutto un percorso in filigrana come desiderio di perizia e d’intelligenza, fonte di perfezione e di gioia, immagine in ascesa: “…Vuoi volare amore/più in alto del sole?” simile ad ambizioni smisurate dello spirito. Una poiesis come predestinazione “…di trame d’oro che rapiscono emozioni/prendono forma nei fruscii misteriosi/nei baci che riempiono la vita…” , come divinazione dell’anima che viene vissuta e trasmessa quale daimon creativo. È soprattutto poesia densa di spessore fonetico finalizzato ad ispessirne l’impronta: ovvero l’impressione scritturale attenta ai dettagli, determinata a dare il giusto peso alle associazioni sonore, ove timbro di voce, altezza, intensità, durata, intonazione, silenzi, potenziano la funzione connotativa del verso elevato a “pentagramma del senso” che avvince.
La peculiarità ritmica ed espressiva di Marcella Falcone scaturisce dalla sua “disciplinata” formazione distribuita fra studi classici, pianoforte e bel canto. Energia la sua che invade e tocca punti di tensione emotiva ed evocativa dove “il dire poetico” prende cuore e anima.
dalla Prefazione di Vincenzo Sanfilippo