RIFLESSIONI di Onofrio Montecalvo
Il mio libretto ha una “gestazione” di quasi quarant’anni. Almeno per questo, siate “clementi” nel giudicarlo. Anzi, se potete, non giudicatelo proprio. Poi, in verità, non mi interessa il giudizio di nessuno perché questo libretto non vuole raggiungere alcuna “fama” letteraria e nemmeno “scalare” le vendite. Il mio libretto è una “confessione”, una “riflessione”, un “pensamento” sulle cose che ogni essere umano può e deve provare: l’amore, la pietà, l’amicizia, il dolore. In questo “racconto” dei sentimenti, non cerco alcuna “condivisione”, non la pretendo, non la voglio. Ho sentito solo il desiderio di “rappresentarli”, questi sentimenti. Insomma ho avvertito la necessità di “spiegare” quello che può esserci nel cuore di “un uomo qualunque”, perché anche “un uomo qualunque” può essere narratore di se stesso, tutti possono essere narratori di sé stessi: basta avere soltanto la voglia di farlo, poi… tutto diventa semplice.
Un po’ di narcisismo nello scrivere questo libretto? È vero, c’entra anche questo, un po’ del mio narcisismo. È chiaro che questo libretto avrà una sua “presentazione”, forse un suo pubblico, insomma, un “momento di gloria”. Ecco, in questo senso, sono certamente contraddittorio: non voglio giudizi, non mi interessano i giudizi, epperò voglio il mio “momento di gloria”. Contraddittorio, è vero, sono certamente, stupidamente e marcatamente contraddittorio. La coerenza, poi, non è mai stata il mio lato migliore. Potrete perdonarmi questa “debolezza”? Spero che lo facciate, anzi, ne sono certo, perché questo libretto è dedicato solo a chi rientra nella categoria dell’“uomo qualunque”. Chi si crede “straordinario”, per cortesia, non lo legga, non lo consideri, anzi, lo cestini.
Allora, finalmente, ora posso dirvi secondo quale “dimensione” dovrete leggere questo libretto. Sono “un uomo qualunque”, un “ignoto”, “anonimo”, “oscuro” rappresentante del “genere umano”. Tuttavia, almeno una volta nella mia vita, ho voluto essere “qualcuno”. Attraverso una poesia che “è soltanto mia”, ho voluto farmi “vedere” da tutti. È accaduto perché ho saputo essere “narratore di me stesso”. Ringrazio Iddio per avermi donato questa pazienza, questa volontà, questa capacità. Per una volta, si parlerà di me, si dirà che scrivo cose giuste e cose sbagliate, che alcune poesie sono belle e altre brutte, che sono la scoperta o la conferma della mia arroganza, che sono onesto o disonesto, che sono intrigante o banale, insomma, tutto e il contrario di tutto. E però, alla fine, torno a dirlo, tutto questo, non mi interessa, perché “la mia poesia è solo mia”.
Grazie se riuscirete a leggermi, almeno un pochino.
PREFAZIONE di Nichi Vendola
Presidente della Regione Puglia
Io scrivevo filastrocche a sei, sette anni. La poesia è stata anche uno dei modi per rompere con il provincialismo in cui eravamo immersi. Per me che avevo vent’anni nel ‘78 e dieci anni nel ‘68 la poesia era un modo per conoscere il mondo.
Attraverso la poesia di Pablo Neruda ho scoperto l’America Latina, Garcia Lorca mi ha fatto scoprire il fascismo nella sua dimensione più violenta. Era impossibile affrontare per me, da ragazzino, la tragedia dello stalinismo se non avessi avuto anche lo stimolo della lettura di Dostoevskij. La poesia, la grande cultura letteraria, sono state un insieme di finestre sul mondo.
Quando incontro le rime di Pasolini, la sua inquieta vitalità, la sua soave disperazione, in ogni porzione di strada, di cielo, di casa, scopro che lui non è mai stato ucciso. Oggi, Accattone sarebbe probabilmente un ragazzo extracomunitario, momentaneo inquilino di un campo nomadi. Ninetto sarebbe invece un giovane precario senza busta paga né orizzonti stabili, un abitante della estesa periferia senza centro di una delle nostre province europee.
È in questa ferita trasversale del mondo, dove reale è l’esigenza di un nuovo straccio di speranza, che abbiamo bisogno di riprendere un bel cammino attraverso la cultura letteraria e poetica per ridare dignità e giustizia alle parole. Altrimenti diventiamo schiavi del presente e il futuro altro non è che la reiterazione della Babele in cui viviamo.
Anche la raccolta lirica di Onofrio è una finestra sul mondo. Le sue poesie guardano all’universo caleidoscopico dei sentimenti, al tempo che passa e con esso la gioventù, guardano all’amicizia con un’intensità ed un senso di solidarietà straordinari, guardano all’amore, infine, a tutto l’amore e alle sue infinite declinazioni.
“La mia speranza è nella poesia”, dice l’amico Onofrio, e mai verso ha meglio rappresentato un’attitudine alla necessità lirica di interpretare e modificare la realtà.
Nichi Vendola
Trentasei anni di poesie racchiuse un in esile quaderno che si offre a noi con discrezione. Onofrio Montecalvo, avvocato e docente barese, ha deciso di svelarsi, di aprirci quel cuore già visibile in copertina. E’ un cuore sanguigno e lieve insieme, carminio ed alato: il volto del “Diario di un uomo qualunque”. I caratteri con cui tale titolo è stampato ricordano la grafica anni Venti e sono proprio i “vent’anni” che volano via con tutti i loro giorni a dare peso e valore a questa raccolta venata di malinconia, ma anche di consapevolezza e pienezza della vita. I trentaquattro componimenti risultano incastonati tra la Prefazione di Nichi Vendola, che condivide con l’Autore il debito verso la Poesia, e le Conclusioni della docente e scrittrice Annarita Fatone, che intravede un filo montaliano nelle intime domande del Nostro. La raccolta grida umiltà sin dal titolo e prosegue nelle Riflessioni iniziali, in cui il Montecalvo -Uomo Qualunque chiede clemenza di giudizio o addirittura sospensione dello stesso (come non ritrovare in ciò il suo lessico forense…). L’Autore ammette di non voler rincorrere né fama né guadagni, ma di avere inseguito il desiderio di raccontare se stesso come uno di noi. Eppure confessa di essere mosso da una punta di narcisismo e di gradire i riflettori che inevitabilmente si accenderanno su questa sua produzione in versi. Oscilla tra il rifiuto del giudizio altrui e il gusto per un pizzico di gloria probabile. Difficile non ritrovarci subito tra le pieghe di quest’animo tanto complesso quanto umano! Difficile non identificarsi con i turbamenti inspiegabili e le fragilità di un uomo qualsiasi… . La raccolta si divide in due sezioni: “Poesie d’amore…” ed “… e altro ancora”, ciascuna ordinata in senso cronologico. Ciò che distingue tali componimenti è proprio l’incedere del tempo, mentre la distinzione tra il tema amoroso ed altri, a ben guardare, è più apparente che reale. Le poesie sono pervase tutte da Amore: per una donna, ma anche per i figli, i nipoti, i genitori, gli amici; persino per il dolore… . Insomma per la Vita, celebrata nel suo insieme nonostante tutto, cantata cum tucte le creature: il sole, i fiori, il cielo, il vento (“Tributo d’amore”). Un panteismo naturalistico fa pulsare i versi all’unisono col respiro del mondo. La dedica iniziale è il paradigma di ciò che attende il lettore: gli affetti più intimi declinati ripetutamente con lievi variazioni. Tale sarà il carattere peculiare della quasi totalità delle poesie di Montecalvo, scevre di metrica ma caratterizzate da insistenze anaforiche che talvolta prosciugano la frase all’essenziale. Solo i componimenti più remoti mantengono i versi liberi ed uno stile discorsivo. Ma con l’incedere degli anni e dell’urgenza poetica, si accentua una struttura modulare con variazioni impercettibili, ma significative. Già in “Per un amico” e “Amica di sempre” lo stile del Nostro assume tale cifra, che diventa poi prepotente in “Riflessioni sull’amore” (in cui riecheggia Prévert), in “Speranza” e in “Dolore”. Spesso la struttura obbedisce a simmetrie matematiche, a specularità geometriche che sopperiscono abbondantemente alla rarità di rime e giochi fonetici. Questa ricerca di ordine strutturale è forse immagine di una ricerca di senso nell’animo e nell’esistere, a cui Montecalvo risponde con poche certezze ma con diffuso ottimismo. Basta scorrere molti finali: “sarai mia per l’eternità”, “presenza del mio tempo migliore”, “quel che conta è averlo vissuto”, “perché ho vissuto e questo solo conta”, “si può sempre sorridere alla vita”, “questa vita è pur sempre una cosa meravigliosa”, “voglio imporre a me stesso la vostra eternità”, “c’è veramente posto per tutti”. Chiude la rassegna “La mia poesia è solo mia”, in cui l’anafora di MIA e di POESIA ci chiedono un rispettoso silenzio di fronte al bisogno dell’Autore di rifugiarsi nella propria scrittura intimista per “difendersi e lottare”. Montecalvo reclama e si riprende i propri sogni e i propri dubbi dopo avercene dato assaggio. Ora lo sappiamo: siamo tutti uomini qualunque, ma pochi riescono a coniugare il coraggio e l’umiltà di questi versi
(Recensione di Paola Santini, scrittrice per i tipi degli Editori Adda e Levante di Bari)
Onofrio Montecalvo, nato a Bari il 09 Luglio 1958, sposato, con un figlio, avvocato e docente per discipline giuridiche ed economiche, vive e lavora a Bari e Grumo Appula (Ba). Ha pubblicato le opere: per i tipi della Giuseppe Laterza di Bari, il saggio politico “Club Forza Italia e movimento politico: riflessioni sulla possibile dialettica fra opinionismo e partito”; per i caratteri della Corcelli di Bari, il volume “Scuola pubblica e scuola privata: alla ricerca della giusta parità”. Ha pure pubblicato opere e saggi giuridico - professionali, quali: “Il controllo del creditore sul debitore: informazioni e riservatezza” (volume collettaneo edito dall’Editore Cacucci di Bari); “Applicabilità dell’art. 2126 c.c. nei casi di prestazione di fatto di lavoro non subordinato” (saggio pubblicato nella rivista di rilevanza nazionale Giurisprudenza Italiana, parte IV, anno 1986). E’ stato “segnalato”, con singoli componimenti poetici e raccolta inedita di silloge, nelle manifestazioni: 7° Concorso Nazionale di Poesia “Ferdinando Moriconi”, svoltosi presso il Circolo “L’ancora” di Viareggio il 19 Settembre 1992 - riconoscimento al merito - ; 5° Concorso Internazionale di Poesia “Autori per l’Europa 2007”, indetto dalla Casa Editrice Ibiskos Ulivieri di Empoli (Fi) – finalista con 20 autori tra 124 partecipanti - . “Diario di un uomo qualunque (poesie d’amore e altro ancora) Aprile 1974 - Luglio 2010”, pubblicato con l’Editore Aletti, è il suo primo volume di poesia.