Onestamente.
Chi legge abitualmente poesie? (Nessuno o quasi).
Chi compra libri di poesie? (Nessuno).
Ma serve oggi la poesia? (Mah, direbbe un Simplicio qualunque).
Eppure, anche proprio a volerla giocare sporca, forse (ma forse) qualche cartuccia impolverata di riserva a quell’attempato accocco letterario potrebbe avanzare. Niente paura, nessun romanticismo, nessun si stava meglio quando si stava peggio. Farebbe ridere, tanto più in un mondo che va a mille all’ora e ragiona con lo spazio mentale di un sms. Solo alcuni buoni e sensati motivi. Anzitutto la poesia è discreta e non chiede troppo. Non avete fatto mai caso a quanto
poco rumore facciano in libreria quelle poche, dimesse, bianchicce copertine di libriciattoli, spesso posizionati nello scaffale accanto al bagno di servizio? Poi, lontana ormai anni luce l’epoca di vati simil-calciatori, anche se non la leggi la poesia il poeta le bollette le paga lo stesso (checché ne dicesse un lamentoso Vittorio Sereni in una lettera ad un amico sul mestiere del poeta: “Certo, «lavorare stanca» e lo scrivere è un mestiere come gli altri. Come si può pretendere di riuscirvi facendo, invece, un altro mestiere?).
C’è un però.
La poesia oggi ancora ci ficca l’Infinito in tasca. Così, proprio così, l’Infinito in tasca. Che poi noi ce ne dimentichiamo, beh, quello non è un problema del poeta o della poesia, magari è un problema dei genitori, dei maestri, della scuola,
dei filosofi, dei politici e via avanti. Ma non del poeta. Lui il suo l’ha fatto. Ovvio, se il poeta è realmente poeta. Se la poesia è realmente poesia. Sacrosanti questi due presupposti.
Conosco abbastanza bene Elisabetta Ciancaleoni da ritenerla immune da postumi adolescenziali irrisolti.
Per questo e per una serie di ragioni che lascio scoprire a chi vorrà leggere queste poesie, mi pare di poter dire che anche lei l’ha fatto: se stai leggendo queste righe sappi che t’ha già fregato, t’ha infilato l’Infinito in tasca. Tu nemmeno lo sapevi (ora lo sai), magari sei la zia o l’amica con la quale portate le bimbe insieme al parco, magari sei la collega di lavoro, magari sei la vicina di casa, magari hai preso questo libro giusto per fare un bel gesto d’amicizia ma poi basta:
t’ha infilato l’Infinito in tasca. Io il consiglio di non lasciarcelo marcire dentro te lo darei. Poi fai tu.
L’Infinito in tasca, ma guarda un po’ te.