Domenico Forciniti

AMOR

Ecco quindi come Roma, patria del mondo, dominatrice incontrastata, il lume nelle epoche di oscurantismo, sta lentamente morendo sotto i cocci di vetro sparsi a Campo dei Fiori, sotto le deiezioni lasciate cadere in maniera casuale dal passante: l’uomo muore e con lui muore la sua arte.
Più che di critica sociale, però, per Forciniti sarebbe più adatto parlare di una sorta di amara consapevolezza, di una visione dicotomica tra i fatti dell’uomo e quelli dello spirito che, purtroppo, sembra abbandonare sempre di più l’uomo che l’ha pensato, lasciandolo scivolare verso una realtà di umana barbarie.
La causa di questo degrado va indubitabilmente ascritta, secondo Forciniti, al graduale ma in apparenza inarrestabile processo di svalutazione del valore dell’uomo in quanto tale, all’ultimo atto della decadenza delle Magnifiche Sorti Progressive che avevano promesso all’uomo la liberazione dal bisogno, alla società delle macchine e quindi, a quel consumismo sfrenato che conduce irrimediabilmente ad una cultura dell’esteriorità e dell’apparenza, lasciando poco o nulla spazio alla riflessione, al sentire, alla consapevolezza.
Qual è il posto dell’arte in un mondo governato dal denaro? Il primo e più terribile risvolto di questo processo è l’inutilità apparente dell’arte. Chi potrebbe infatti dar credito a chi cerca di mantenere vivo un briciolo di quella scintilla che rappresenta la parte più divina dell’uomo, quando l’uomo stesso cerca di annichilirla?
È proprio per questo che gli artisti sono fondamentali, perché, nella loro lotta, per quanto ardua essa possa essere, tengono vivo il fuoco della speranza.




Collana "Gli Emersi"
pp.64 €12.00
ISBN 88-7680-061-1

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