Roberto Cirino

CANZONI PROFANE


Nelle circostanze più felici, talvolta, si scrive per urgenza. Perché si ha da dire e non si può fare a meno di dire. Per placarsi in un esercizio umano, civilissimo e sofisticato, che si compiace trepidando della forma che è riuscito a trovare per il contenuto, il quale si è fatto chiaro e urgente per l'appunto, passato alla declinazione del ragionamento.
Ha fatto così (così almeno m'immagino che abbia fatto) Roberto Cirino con “Canzoni Profane”, esordio assoluto della sua scrittura. Ha lavorato con passione e curiosità sulla struttura e ha scelto di utilizzare la rima; una soluzione consolidata e infida nello stesso tempo; che scivola nel patetismo proprio quando sembra offrirti sicurezze risapute.
Lo ha fatto con perizia; trovando ogni volta soluzioni fluide e spiazzanti. Con quest'attrezzatura difficile e volubile ha almanaccato paesaggi, ridisegnando un'accorata e personalissima geografia. I luoghi, le piante, gli animali, le ore diverse della giornata, i mesi dell'anno, gli elementi e le stagioni, sono collocati su una nuova mappa selettiva, che dispone le cose (quelle meritevoli dell'operazione), assecondando un'appassionata strategia del cuore. Ne esce un mondo nuovo, espressionista e concettoso, la cui compiutezza è dettata dall'umanissimo e salutare calcolo di ciò che fa bene e ciò che fa male. Una sorta di ecologia dell'anima che si fa paesaggio. E tutto questo è la prolusione alla “Commedia”, con Dante addirittura che impersona la guida metaforica di un viaggio onirico nella moralità. Il rischio era grosso già al primo pensamento del progetto.
Citare a mani piene il libro dei libri delinea il pericolo costante e clamoroso, sospeso fra lo scurrile e l'insulso ad ogni accenno di pensiero, in prosa ancora prima che in rima. Roberto Cirino lo ha avuto ben presente.
Lo ha affrontato con un lavoro fantasioso, colto e febbrile, che partiva dalla citazione e si dipanava per un breve e circostanziato itinerario nei dintorni. “La Commedia” è un esercizio difficile, di filologia creativa, che cita in continuazione l'originale, ma spiazzandosi.
È una sorta d'incubo nel mezzo della perdizione antropologica; di fustigazione di chi, perseverando nel definitivo vizio sociale che consiste nel compimento del male, non ha avuto in vita sua nessun sentimento di riscatto.
E ancora. Accondiscendendo alla sua cultura urbanistica oltre che alla topografia dantesca, Cirino ha descritto doviziosamente il suo viaggio etico, facendolo diventare un paesaggio infernale (per l'appunto), livido e puzzolente.
Con precisione sono descritti i sentieri, le insidie delle pareti rocciose, il fragore dei torrenti carsici, le città, le loro mura, i ponti e le radure nel bosco. Ancora una volta la geografia e sempre più dichiaratamente del cuore.

Prefazione di Antonio Ruggieri



Collana "Gli Emersi - Poesia"
pp.100 €14,00
ISBN 978-88-7680-480-9

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