Patrizia Berlicchi

EXILVA

Al mattino presto, alla fermata, d’inverno, ricoperti da maglioni e cappotti si aspetta l’autobus, che forse, è quello che adesso sta arrivando da oltre la curva, caracollando asmatico e stracolmo di persone.
Siamo in attesa che qualcosa, un evento, un sorriso, due mani che si stringono, ci renda più piacevole l’attesa alla fermata.
L’Italia è attraversata e ferita da case sventrate, fabbriche abbandonate, strade con marciapiedi slabbrarti.
A Legnano c’è una grande fabbrica abbandonata. Del grande edificio è rimasto solamente lo scheletro e la luce alle volte lo illumina di sbieco, i raggi del sole attraversano le travi metalliche per poi sparpagliarsi lungo tutto l’edificio. Camminando dentro la struttura riconosci ancora i segni di vita lasciati dagli operai che ci vivevano e lavoravano. I pavimenti mostrano le forme dei macchinari che vi erano appoggiati sopra, chiazze di grasso multicolore testimoniano della presenza di olii e resine industriali, cavi elettrici attraversati dallo sgocciolio dell’acqua penzolano ormai inutili. All’esterno cresce l’erba, che nonostante sia piena di polvere rivendica il proprio diritto all’esistenza, cercando di riconquistare lo spazio che le appartiene.
Se ti fermi un momento, li puoi ancora vedere, sentire, con le loro tute blu, in mezzo al frastuono dei torni e delle macchine. La loro vita di prima è rimasta impigliata tra quelle travi e quei soffitti. L’entropia e l’oblio scompaiono, se sei in grado di cercare ciò che è invisibile.
Anche alla fermata dell’autobus, fermi ed in attesa, si cercano le tracce delle vite degli altri, che si nascondono, si confondono, si trasfigurano.
Le poesie di Patrizia sanno cercare. Hanno la pazienza di aspettare l’attimo sospeso, quello che bisogna saper cogliere e che in un attimo ti illumina l’animo e muta la realtà rendendola trasparente.
Una trasparenza di sentimenti, che finalmente possono vagare liberi e riposizionarsi come meglio credono seguendo le proprie strade interne della necessità.
E poi, i versi di Patrizia sono come attraversati da un senso di perdita, di lontananza, di mancanza. Un sentimento di incompletezza le pervade, una consapevolezza della caducità delle cose umane e anche dell’amore, che oggi c’è ma domani fugge da un’altra parte.
Proprio per questo però, bisogna attaccarsi voracemente ai momenti di felicità, di amore, di vicinanza, per non permettere che vengano dimenticati, sbriciolati nella catena di montaggio dei sentimenti di plastica realizzati in serie.
Ma, una riflessione su un libro di poesie non può che concludersi con una nuova poesia, costruita assemblando versi di quelle di Patrizia. Riusciremo forse ad aprire una nuova finestra di possibile all’interno del nostro panorama troppo piatto di realismo e intenzioni non realizzate.


Francesco Castracane


Collana "Gli Emersi - Poesia "
pp.48 €12.00
ISBN 978-88-7680-468-7

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