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Giovanna Adinolfi Milano, 1947. L'anziano professore riguarda i vecchi dagherrotipi di famiglia. Come madeleines proustiane, le antiche foto riportano alla memoria un passato rivisto, e dunque rivissuto: protagonista iniziale la madre amatissima che conosceva l'arte “del raccontare”. È da qui che prende l'avvio uno struggente srotolarsi a ritroso in un'atmosfera di composto, ovattato e delicato lirismo. Riaffiora la storia d'amore ottocentesco tra il professore bambino e questa sensibile madre che trasmette al futuro studioso, imbevendola d'amore materno, l'arte del raccontare, fino alla prematura perdita della madre stessa; poi un'altra perdita, quella dell'amata giovane moglie; e l'incontro con Maria, nuova, inaspettata possibilità sentimentale quando l'anima del professore, ormai non più giovane, era colma soprattutto della “nostalgia per quello che non ha fatto in tempo ad essere”. Ecco la chiave del racconto - un chiarissimo omaggio a Proust - che l'autrice, come narrando direttamente dal lontano passato, ci serve su di un intarsiato vassoio d'argento, tenendoci per mano tra profumi evocatori che risvegliano i palpiti mai sopiti d'una vita intera; e per giunta, riservandoci un bellissimo finale a sorpresa che chiude il cerchio del tempo che, evidentemente, non sempre passa sperperandosi invano.
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