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Livio Grasso
I racconti della conchiglia
“I racconti della conchiglia” sono poesie scritte nell’arco di circa
un decennio. Nulla le tiene insieme se non la mia storia. Scrivo
per necessità: la carta è un confessore intimo, privato. L’idea di assemblare
una raccolta è nata solo in un secondo momento, quando
i “racconti” sono rimasti indietro come una scia di nave, hanno
smesso quasi di narrare vissuti o riprodurre immagini scolpite nella
memoria. E allora quella “prosa poetica” si è lentamente rarefatta,
quasi da sola, in versi meno descrittivi e in un effetto apparentemente
scollegato dalla sua causa tangibile: la vita. Per questo ho sparso
queste poesie, credo diverse tra loro per natura e fattura, in un ordine
volutamente non cronologico e quasi casuale. Per non essere
al centro. Ché poi la poesia non ha un protagonista: quando diventa
res nullius, senza padrone, vince.
In un primo momento avevo intitolato la raccolta Amori dIstanti,
ossia d’istanti, e distanti. Perché, nel cercare un denominatore
comune, oltre all’amore e alle sue molte maschere, avevo trovato
al centro di questi versi soprattutto il senso della “distanza”. L’ho
riconosciuta matrice, sorgente. Questo strappo senza nome: oggetto
fuori dalla portata del braccio, brama di toccare, di toccarsi e scoprirsi
vivi, di colmare uno spazio vuoto. Anche quando si ama, la
distanza è un velo che non si squarcia. Ed è felice e fortunata quella
scossa che dura il tempo d’un contatto, quella verità che appena nomini
scompare come un lampo. E il tempo elettrico che ne segue è
la connessione ad un’assenza.
Da bambino credevo che le conchiglie sussurrassero la voce del
mare. Bastava avvicinarle all’orecchio per sentirla. Adesso ne ho
la certezza. Continuare a credere ad un richiamo è il nostro essere
adulti. Quella risacca proveniva da una distanza remota ma vera, esistente,
un luogo con il quale, prima o poi, avrei saputo mettermi in
contatto. Ci sono lontananze, misteri, ricerche che meritano solitudine
e dedizione. Ci sono percorsi personali, strade non battute che
si intraprendono soltanto nella fede in un altrove, un chissà-dove da
raggiungere. Passo dopo passo. Soli. Senza indugiare sulla sufficienza
di chi dice che è solo un fruscio. Non capirsi, non essere compresi
è parte di questa distanza. Forse la parte più netta e dolorosa. Un
graffio. Ma se “la verità è una terra senza sentieri”, l’unico modo di
avanzare è tenere la conchiglia a portata di mano.
Livio Grasso
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Livio Grasso è nato a Casarano (Le) nel 1979. È laureato in Conservazione dei Beni Culturali e diplomato in chitarra classica, strumento che insegna come docente di ruolo in una scuola media ad indirizzo musicale.
Ha vissuto la sua infanzia dentro un’ampolla di magie, improvvisamente esplosa senza rimedio. Da allora, come attività principale, cerca ancora quella libertà, lo stesso sorriso netto che non separa dal mondo, le verità nascoste dentro le cose.
Questa è la sua prima pubblicazione, nata per amore della parola, della poesia, della vita: ama il mare, gli animali, la musica, la sua chitarra. Le nuvole. Ama la fotografia, cui si cimenta con diletto, gli sconosciuti e il vino. E spera di poter sempre leggere la musica, come i due zingari di De Gregori. La musica nel firmamento.
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Collana "Gli Emersi - Poesia"
pp.88 €12,00
ISBN
978-88-591-0057-7
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