«Mi chiedo: cos'è che ci spinge a scrivere?... le cose non hanno bisogno
di noi per esistere. Noi le attraversiamo con lo sguardo. Perché le
vogliamo descrivere? Perché desideriamo modificarne la natura
refrattaria con le nostre parole? Secondo noi tutto dovrebbe avere una
ragione. Nessuna cosa c'è che testimonia soltanto di se stessa... è di
questo arcano, di una similitudine che, scrivendo, andiamo alla
ricerca?...»
I sette racconti di questa raccolta sono uniti insieme dallo stesso
filo di ambiguità, di sdoppiamento. Sono ambigui i personaggi, le
vicende, i miti, i sentimenti, le emozioni, le percezioni sensoriali e
i luoghi della terra. Tutto ha una doppia natura, un doppio
aspetto, una doppia ragione. In qualche modo è tutto legato a quel
primo momento in cui l'homo si fece sapiens attraverso la parola,
originando per sempre quella "deuteronomia" in cui ancora non è
chiaro se è il significante a determinare il termine relativo o la
parola a produrre la realtà.
Al giorno d'oggi, dopo due o trecentomila anni, siamo ancora
pervasi da una generale insicurezza, cognitiva e semantica.
Tuttavia, sembra dirci l'autore nei suoi appassionati racconti,
questo dubbio è la nostra forza; il male e l'errore si annidano
paradossalmente proprio nelle certezze. Dalla consapevolezza
dell'impreciso e del nostro doppio, scaturiscono invece le nostre
qualità migliori: la curiosità, la tolleranza, la compassione e
l'amore.
Carlo Allegri, chirurgo di professione, ha sentito
l'insopprimibile esigenza di dedicare alla letteratura l'ultima
parte della sua vita.
È autore di un romanzo (Io non so) e di due raccolte di versi
(Antologie sperimentali e Eros dintorno e d'altri sentimenti).
In copertina: "Ritratto allo specchio", fotografia di Giulio Guerra a cura dello studio fotografico Notediluce.it