Il pane, che per lunghi secoli ha accompagnato con la sicurezza del nutrimento il vivere dell’uomo oggi, nella dispendiosa esibizione di molteplici e multiformi elementi nutritivi dei paesi cosiddetti sviluppati, sembra ritirarsi nell’ombra della insignificanza per il benessere umano. E tuttavia rimane su di esso ancora qualche traccia di quella sacralità nel rapporto tra natura e uomo che conduceva i nostri antenati a baciare il tozzo di pane caduto per terra.
Tra tutte le varietà di forme e sapori che la moderna arte panificatoria riesce a produrre, niente, a mio giudizio, può raggiungere la sapidità gratificante e la tenerezza di custodia che le piccole molliche raccolte sulla tavola o date in pasto agli uccelli nella rigidità dell’inverno riescono ancora a donarci. È lì, in quella minuta frammentazione dell’antico alimento principe dell’uomo, che riescono a raccogliersi il senso e la gloria di un percorso di lavoro, di bisogni e di speranze che connotano di umano la vita dell’uomo.
Anche in queste narrazioni brevi o lunghe intitolate alla minuta semplicità delle briciole di pane si è cercato di riflettere nella sommessa banalità del quotidiano sul significato essenziale delle piccole vicende di gente comune per assaporarne l’incancellabile dignità dell’essere uomini e per custodirne la sicurezza esistenziale. Per i travagliati e, talvolta, stridenti giorni presenti e per quelli ancora ignoti che verranno.