Questa è la notte. L’opera pubblicata in questo libro è salita alla penna come un magma incandescente, come una necessità della mente e delle viscere, come un grido dell’anima.
Questa è la notte. Schiavitù e libertà sembrano due termini intorno ai quali si possa polarizzare la storia degli uomini e dei popoli, e pure assumono contorni sempre più indefiniti e ambigui.
Questa è la notte. Nei versi qui proposti, collocati sulle rive del Mar Rosso, i dialoghi già immaginano gli eventi futuri raccontati nella Bibbia, ed è così anticipato il dualismo tra il Mosè intimo di Dio, con il quale egli parla come amico fa con l’amico, e quello di Aronne, il sacerdote intento ad addomesticare l’impazienza della sua gente.
Questa è la notte. Nelle parole che il mio testo attribuisce a Dio, come nei versi che aprono e chiudono la breve opera, il riferimento alla fede nella Pasqua dei cristiani dice della mia fede, orientamento verso l’approdo e non già approdo.
L’espressione che dà il titolo al libro, più volte ripetuta nel canto dell’Exultet della Veglia Pasquale, vuole indicare la condizione umana come un’attesa dell’alba, della luce, della liberazione, in una storia dai contorni sempre incerti, fatta salva appunto la certezza che vivere è pasqua, cioè “passare oltre” notte dopo notte, come nelle quattro notti pasquali della tradizione ebraico-cristiana, dal caos verso la creazione, dalla dispersione verso un unico popolo, dalla schiavitù di potentati umani alla libertà verso una terra promessa, da uomini e storie senza volto a vicende distese come sindoni, impresse dal sangue e dalla luce.