Gabriele ha 17 anni, abita in un paesino a pochi passi da Roma ed è figlio di Alfiero, un operaio metalmeccanico.
La sua vita ha la stessa andatura di un’automobile ad una sola marcia, s’arrampica sulle salite, singhiozza in pianura e si blocca davanti alle discese.
Cresce rapidamente, anche troppo, al punto che il tempo perde il passo e lo lascia andare per conto suo.
Poi Gabriele ha 20 anni, si guarda indietro e si rende conto d’aver perso la strada di casa. Casa, molto più che una semplice parola, qualcosa di molto concreto, una montagna di mattoni e cemento, una vita di fatica e sudore. E abbandona quella casa per cercarne un’altra, una che gli costi meno, che gli chieda meno.
Il ragazzo si fa uomo, ma non fa tutto da solo, la vita ci mette lo zampino, una grossa zampa che stravolge la sua esistenza spingendolo così a tornare. Il biglietto del ritorno però ha un prezzo alto da pagare, gli costa il passaggio dentro al tempo, quello stesso tempo che credeva d’aver seminato e che è lì ad attenderlo furioso, pronto per gettarglisi addosso.
Storia fatta di radici terrose annaffiate col vino, protetta da tradizioni di una volta che se pur sbiadite, stanno ancora in piedi, imperterrite a fare la guardia.