Non mi sento un poeta. Credo di essere un sensibile ed attento osservatore delle vicende della vita. Avrei voluto essere un bravo pittore per poter dipingere tutte le immagini che ho scolpite nella mente o un altrettanto bravo scrittore per poterle descrivere e portarle a conoscenza di chi non le ha vissute. Poiché non sono né l’uno né l’altro, ho fatto allora ricorso alla rima per imprimere sulla carta queste gocce di esistenza che, via via, hanno stimolato il mio cuore e la mia mente. Le ho scritte con il mio linguaggio, quello della gente, memore della frustrazione che provo quando leggo poesie delle quali non riesco a comprendere il pensiero; frustrazione simile a quella che mi umilia di fronte ad un quadro di una certa pittura moderna. Scrivendole, ho spesso pensato ai giovani, che storditi dal vorticoso ritmo della vita moderna, non hanno più modo di gustare certe bellezze e certi sapori di una vita d’altri tempi. Oggi tutto è cambiato, dall’onestà delle persone, al silenzio che, allora, non ancora rotto dal rombo profondo e cupo del turbinio che oggi ci avvolge, ti permetteva di ascoltare il canto del grillo o il gracchiare di una rana nella notte. Pur nella povertà, nel tempo passato, si riusciva a cogliere queste meravigliose sfumature dell’esistenza e mi rammarico che, di tutto questo, altro non resta che il ricordo impresso nella mente di pochi. Nostalgia? Molta, e la si percepisce leggendo queste mie semplici poesie, che ho scritto per il piacere di mia moglie, la quale mostrava sempre gradimento nel leggerle.
A LEI dunque il merito, se merito ci sarà.
Grazie.
L’autore