È davvero un poliedrico autore, Giovanni, il perché lo si percepisce dal procedimento con cui narra, letteralmente o pittorescamente, la realtà che lo assedia, in cui vive, e da quella concretezza che l’artista reinventa continuamente col suo penetrante profondo linguaggio, in cui la certezza della propria equivalenza sfocia in dolce, arcana, indescrivibile, zelante grazia compositiva.
Tutto il suo prodotto culturale rappresenta una sintesi armoniosa del proprio quotidiano, delle emozioni, del suo andare oltre, quella dorata patina esistenziale.
Quello delle sue opere è il fluido fiatare del disagio, dell’essere che vive macinando ribrezzo quotidiano, fatto di guerre, di abbattimento morale, di soprusi e morti, morti senza senso.
Giovanni Minio cerca, attraverso il suo parlare, di protestare e affrontare, scoprendo i suoi sentimenti, questa nera macchia chiamata civiltà, concependo che in questo pianeta nessun uomo è libero di agire come meglio crede e, di conseguenza, è vittima di un sostrato collettivo senza leggi, né speranze.
Nelle arie poetiche è spesso sognante; bellissimi ricci lirici accentuano le sofferenze umane, si fa largo nei versi un abbozzo metafisico, lo stesso che ritroviamo nelle sue tele, nei suoi racconti e, parlando personalmente con l’artista, il pensiero soprasensibile galleggia fortemente anche nello scherzo, perché è sempre e, assolutamente, “autentico”.
Pasqualina Genovese D’Orazio