È proprio vero che al cuor non si comanda? È questa la domanda su cui ruota l’intera costruzione narrativa. Quattro differenti storie che si svolgono nello spazio temporale di una giornata di inizio Primavera uguale a tutte le altre, nella quale però le vite dei protagonisti svolteranno bruscamente. Ma non per merito loro. Al contrario della Natura che lentamente si risveglia, i personaggi si lasciano vivere, prigionieri di un passato che non passa mai, incapaci di afferrare un presente che continua a sfuggirgli tra le dita.
Soli e in balia delle loro personali nevrosi, la mancanza di comunicazione sfocia in una narrazione vicina allo stream of consciousness Joyciano, pressoché assente di dialoghi. Ho voluto appositamente che le loro vicende personali, al contrario di una carriera brillante, fossero di una banalità disarmante: matrimoni infelici, tradimenti, un vecchio amore che riemerge dopo dieci anni. Parigi fa da sfondo discreto e quasi invisibile a questo gruppo di espatriati, realtà a me quanto mai familiare, così come il mondo della moda e dell’arte che ho voluto in qualche modo far comparire, anche se marginalmente.
Chiara Lavagetto