In silenziosi attimi di solitudine, l’essere umano ritrova se stesso e la sua primitiva natura. Come se, nell’immobilità dei minuti che precedono l’alba e la sua quiete, preludio di rinnovati frastuoni, l’individuo riuscisse a scorgere al suo interno una piccola creatura, raggomitolata al riparo dal caos delle esistenze. Con l’orecchio indisturbato dai rumori del giorno e l’occhio libero da distrazioni, l’uomo si avvede di quella timorosa presenza. Le tende la mano, la invita con delicatezza ad afferrarla, la esorta al moto e all’unione. Incontrata, la ghermisce; la innalza, abbracciandola; la bacia; le tiene saldamente il torace congiunto al proprio; le promette l’eternità a partire da quell’istante. Perennemente insieme, sino al sorgere del sole, v’è il tempo di confrontarsi e conversare, affidando ai versi il compito di testimoniare quel fugace sposalizio. La poesia ne sarà prova.
La scrittura, diretta ed autentica, rimanderà al colloquio convulso con versi rapidi e recisi. I componimenti ricorderanno battute febbrili, dialoghi serrati di menti assetate, condizionate dal personalissimo vissuto e consunte dal necessario impulso di sapere, di capire perché amore, perché odio, perché vita, perché morte, perché emozione, in un tortuoso percorso poetico che si slancia su di un filo conduttore, tenuto in tiro, piuttosto che dal riavvolgimento dello scopo, dal perpetuo dispiegamento della causa.